Non dite che abbiamo perso tempo. Non abbiamo perso tempo.
Abbiamo perso giga dal telefono, a nostre spese. Abbiamo perso forze, energie, ore di sonno. Abbiamo perso colore, assumendo pallori transilvanici e occhiaie nosferatiche.
Abbiamo perso studenti, perché quando abbiamo dovuto chiudere tutto e rifugiarci nelle piattaforme online per proseguire le lezioni, abbiamo scoperto improvvisamente che almeno uno studente su dieci non aveva i mezzi per farlo.
Abbiamo perso diottrie, stando intere dozzine di ore davanti allo schermo di un pc cercando a volte di interpretare geroglifici scritti a mano e mandati con foto via mail.
Abbiamo perso ore da trascorrere con le nostre famiglie perché, come tutti, il passaggio al lavoro da remoto all’inizio si è tradotto in un aumento esponenziale del lavoro (e anche adesso è così).
Abbiamo perso fiducia nei mezzi che abbiamo. Poi l’abbiamo riacquisita. Poi ripersa. E così via, su e giù, più o meno ogni giorno da un annetto a questa parte.
Abbiamo perso la voce, a forza di alzarla per ripetere “mi sentite?”, “ci siete?”, “spengo e riaccendo e torno subito!”
Abbiamo perso, infine, anche la salute, perché in molti di noi si sono ammalati da quando sono tornati in presenza.
Ma tempo, no, non lo abbiamo “perso”.
Non è mettere i puntini sulle i o lamentarsi per niente: è che ci teniamo alle parole. Lavoriamo soprattutto con quelle, e proviamo a insegnare a rispettarle.
Quello che ci sarà da fare ci sarà da fare e, dove si potrà, lo faremo, come abbiamo sempre fatto.
Solo questo, chiediamo: per favore, non dite che abbiamo perso tempo.
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